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INFERNO - fino a diciassette DENTRO DI TE

INFERNO - fino a diciassette DENTRO DI TE

INTERPRETI

Antonia Bertagnon, Luca Brinchi, Marco Cantori, Franco Cecchetto, Salvo Lo Presti, Elena Manfredi, Veronica Mulotti, Fiorella Tommasini, Roberta Zanardo, Isadora Angelini, Luca Serrani, Francesca Cola

FRAMMENTI POETICI DI

Dante Alighieri, GIanni Priano, Mariangela Gualtieri, GIorgio Gaber e Sandro Luporini, Ferruccio Brugnaro, Pasquale Di Palmo, Marco Molinari, Fernando Pessoa, Amedeo Giacomini, Gianni D'Elia, Edoardo Zuccato, Pier Paolo Pasolini

CONSULENZA ALLA SCELTE DEI TESTI POETICI

Marco Munaro

TECNICO LUCI

Alessandro Gasperotto e Carlo Sarti

ELEMENTI SCENICI

Alberto Simi

DRAMMATURGIA, MUSICA E REGIA

Massimo Munaro

PRIMA RAPPRESENTAZIONE:

Volterra, Teatro Persio Flacco, 21   luglio 2003

a Roberto Domeneghetti

Il lavoro si configura come primo movimento di un progetto in quattro parti che prevede la completa riscrittura scenica di tutti i trentaquattro Canti dell'Inferno di Dante Alighieri. Parliamo di riscrittura perché a partire dal coinvolgimento attivo di 34 poeti italiani contemporanei il tentativo è propriamente quello di ripensare l'architettura dantesca ricollocandola dentro il nostro tempo.
Se da un punto di vista psichico l'Inferno suggerisce infatti uno sprofondamento dell'anima nel regno dei morti, nel regno di Ade, del sogno e dell'inconscio - cioè in un luogo senza tempo - da un punto di vista etico esso ci riporta, invece, a domande basilari sul nostro tempo, sul regno del presente. Per noi l'Inferno si costituisce come un regno psicologico di adesso (senza-tempo-eternamente-adesso), non come un regno escatologico di poi. Non è un remoto luogo di giudizio sulle nostre azioni, ma costituisce il luogo per giudicare ora le nostre azioni entro una riflessione interiore.
L'architettura Dantesca con i suoi 34 Canti ed i suoi infiniti episodi viene così ad essere il modello strutturale di un'Opera che vuole essere una libera e personale reinvenzione.

Il lavoro è iniziato a partire dall'attivo contributo di dieci poeti italiani, ospiti di una Rassegna da noi organizzato lo scorso anni La Bella Scola  in cui ogni poeta era stato scelto a partire dalle assonanze dello sfondo immaginale della sua poesia rispetto a quello specifico CAnto che di volta in volta era invitato a leggere e commentare. Il lavoro si è poi aperto, attraverso una lunga fase laboratoriale, all'intero patrimonio della poesia del novecento non solo italiano, per poi nutrirsi soprattutto, come sempre per noi, del lavoro dell'attore e del nostro personale immaginario.

 

In scena la figura di Dante appare come smembrata nel corpo multiforme degli attori. Il mondo infero si rivela così in una comunità innumerevole di figure, questa varietà infinita riflette l'infinità dell'anima di Dante. L'anima di Dante - la nostra anima - è infatti plurima, impossibilitata a raggiungere un'individualità indivisa. Allo stesso tempo la figura di Dante è conseganta, drammaturgicamente, anche   al corpo multiforme degli spettatori: ciò di cui gli spettatori infatti finiscono per essere testimoni è della propria personale discesa agli inferi - è il loro personale sprofondamento, la loro nekyia  ad essere posta in gioco.
Apparentemente la figura di Virgilio, pure così fondante, sembra qui del tutto assente o meglio invisibile  sulla scena. In realtà Virgilio si instaura propriamente nella relazione in atto fra attori e spettatori: sono gli attori ad incarnare Virgilio nel loro esser-comunque-guida degli spettatori, così come gli spettatori rappresentano di fatto per gli attori l'unico riferimento concreto, affidandosi a loro come alla guida-Virgilio. Così come per Ade l'invisibilità di Virgilio sembra implicare quell' essenziale che ama nascondersi - il segreto delle cose.

L'opera che nasce, e di cui qui si presenta la seconda parte, vuole innanzi tutto offrirsi come esperienza poetica condivisa da una comunità di attori e spettatori, nel tentativo di trasferire il bagaglio di esperienza teatrale maturata in questi anni con i nostri lavori sulla relazione ravvicinata con gli spettatori (la Tetralogia del Lemming), da ogni singolo spettatore partecipante al corpo di un più larga comunità.